Disabilità e canottaggio, il primo seminario si è svolto a Trieste
10 Novembre 2014
di vicedirettore
Si è svolto a Trieste il primo seminario a livello nazionale che ha affrontato il tema della sinergia tra disabilità e canottaggio.
Organizzato dal Comitato Federazione Italiana Canottaggio Fvg presieduto da Massimiliano D'Ambrosi, con il contributo della Regione e il patrocinio di Comune, Provincia, Camera di Commercio e Scuola dello Sport-Coni, l'evento si è svolto nella Sala Olimpia dello stadio Nereo Rocco.
SALUTI
A fare i saluti di casa è stato FRANCESCO CIPOLLA, vicepresidente del Coni Fvg che ha elogiato l'iniziativa fortemente voluta dal presidente della Fic Fvg Massimiliano D'Ambrosi.
Poi è intervenuta LAURA FAMULARI - assessore comunale con delega a Politiche Sociali, Interventi e Servizi a favore delle Persone con Disabilità – la quale ha rimarcato come questo seminario rappresenti “una sfida importante per tutti, una sfida costruttiva per i singoli ma soprattutto per le società sportive. Questa offerta dalla Fic Fvg è una opportunità per le associazioni di cementare le basi per approcciarsi ad un livello più professionale verso la realtà sportiva dei disabili. L'auspicio è che in un futuro non lontano - ha concluso Famulari - vi sia uno sviluppo concreto per coinvolgere e migliorare l'approccio delle società verso il mondo dei diversamente abili”.
A chiusura degli interventi di saluto le parole di MARINELLA AMBROSIO - presidente del Comitato Italiano Paralimpico Fvg - che ha evidenziato l'importanza di “unire le forze per tutte le disabilità ed aprire le porte del mondo federale e scolastico. Importante è creare una rete sempre più solida per alimentare i sogni agonistici degli atleti paralimpici. Con questo seminario abbiamo aperto l'ennesima porta, convinti che non siamo di fronte ad un episodio, ma che invece, anche grazie ai progetti di inclusione da parte di regioni quali Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, la parità di diritti per tutti è un obbiettivo concretamente perseguibile”.
RELATORI
Il primo ospite ad intervenire è stato il dott. Damiano Mingozzi, psicologo e formatore del Comitato Italiano Paralimpico dell’Emilia Romagna, che parlando dell’approccio all’allenamento con gli atleti diversamente abili ha evidenziato come “l'attività motoria non è diversa dall'attività psicomotoria in quanto vengono coinvolti tutti gli aspetti della persona: dalle abilità alle funzionalità, passando per le cognizioni psicologiche. L'approccio verso un atleta disabile è diverso rispetto a quello di uno normodotato? L'atleta ha potenzialità da sviluppare e capacità sui cui lavorare e un margine di sviluppo da mettere poi in pratica nella vita di ogni giorno. Fondamentale è che il programma di allenamento tenga conto non solo degli aspetti tecnici ma anche di quelli relazionali. E' evidente che la genetica ci fornisce un hardware di base, ma poi con lo sviluppo degli aspetti cognitivi, sensoriali ed emotivi si può cercare di installare una sorta di software. Per installare tale software è basilare coinvolgere l'atleta fornendo gli strumenti per combattere le proprie paure ricordando sempre che il tecnico è un educatore sportivo, e l'attività deve essere una sfida ottimale: deve passare il concetto che il bambino può affrontare la difficoltà con un miglioramento graduale, in primis di se stesso”.
Successivamente ha preso la parola il prof. Alessandro Diviacco, libero professionista, esperto di sicurezza sul lavoro, consulente didattico e formatore, che parlando dell’eliminazione delle barriere architettoniche in una società sportiva ha evidenziato come “la Legge 13 del 1989 stabilisce i termini per poter garantire l'accessibilità ai diversamente abili. Un successivo Decreto ministeriale, il 236 sempre del 1989, disciplina le dimensioni degli ambienti delle strutture e infrastrutture da progettare o modificare per rendere compatibile l'ambiente ai disabili. Prima di progettare bisogna tenere conto di accessibilità a chi vi lavora, visitabilità per gli ospiti e adattabilità. Ad esempio la legge prevede che per i bagni disabili la rampa prevede una pendenza dell'8% prevede la legge ma può essere troppo ripida. Importante rimarcare che non esiste uno standard di disabilità: ogni utente avrà necessariamente esigenze diverse e da customizzare rispetto agli altri. Le scale per disabili devono essere munite di batterie che devono funzionare anche se esiste un black-out. Ma ancora più importante è garantire la manutenzione. I disabili utilizzano un mezzo a ruote si muovono meglio su una pavimentazione liscia, compatta, priva di fessure profonde o troppo larghe. Meglio non costruire rampe troppo lunghe, in quanto diventerebbero esse stesse una barriera”.
La professoressa Teresa Grilli, esperta classificatrice del Comitato Italiano Paralimpico dell’Emilia Romagna, docente di Scienza e tecnica dello Sport per disabili all’Università di Bologna, ha concluso la prima parte dei lavori con "La classificazione funzionale delle disabilità". Per Grilli “la classificazione serve per raggruppare gli atleti in una categoria simile affinché competano tra di loro in maniera equa. Ad esempio raggruppare persone con amputazione e con persone con nanismo. Patologia sensoriale, relazionale o fisico. Deficit visivo, mentale, motorio. Il dolore non viene considerato nella classificazione. Gli atleti vengono valutati in base a tre parametri attraverso un punteggio numerico corrispondente alle funzioni che l'atleta disabile può ancora esprimere: rom (range of movement, capacità di movimento delle articolazioni), coordinazione e forza. Importante è non confondere il deficit con scarso allenamento o carenze tecniche. Per il pararowing non c'è ancora il test funzionale, esistente invece per la canoa. La classificazione è suddivisa in Lta (legs trounk arms), Ta (trounk arms)”.
Dopo la pausa pranzo ha preso la parola Luca Lunghi, atleta ai Mondiali ParaRowing di Chungju in Corea del Sud, collaboratore della Nazionale Italiana ParaRowing, che ha parlato della propria esperienza con la Nazionale Italiana ParaRowing. “Pochi sanno che nel 2012 alle Olimpiadi di Londra si sono registrati più ascolti per le Paralimpiadi rispetto alle Olimpiadi a riprova del fatto dell'importanza che questo movimento sportivo. Chi nasce con data disabilità sviluppa competenze che possono maggiori rispetto ai normodotati. L'anno scorso ho dato vita ad un sito internet creando un forum di discussione e integrazione basato sul progetto Rio 2016. Nel forum si parla di esperienze di vita, eventi legati al nostro mondo e discussioni della squadra di pararowing”.
Il prof. Dario Naccari, allenatore Fic di 4° livello, responsabile del settore ParaRowing nella Federazione Italiana Canottaggio ha spiegato che “in Italia esistono migliaia di ragazzi amputati o che rimarranno a letto per tutta la vita in seguito ad incidenti. Fermo restando che vi è una grande integrazione con normodotati nella vita comune, lo sport può contribuire tanto da fornire un contributo a vari livelli. A livello fisico oltre che psicologico, a prescindere dalla partecipazione nel mondo agonistico. E' da evidenziare comunque che è indispensabile avere dei prerequisiti per fare un dato sport. Nella sua evoluzione lo sport è stato visto come un miglioramento di se stessi. Per i disabili lo sport è lo spostamento e il miglioramento dei propri limiti. Nello specifico il canottaggio sviluppa il senso dell'equilibrio attraverso l'assetto idrodinamico dell'imbarcazione.
Lo sport riservato ai disabili è in crescita soprattutto in paesi quali Usa e Nuova Zelanda.
La Fic, assieme all'Inail, sta sviluppando dei centri di alta performance in tutta Italia. Vi è poi in essere una collaborazione tra il Comitato Italiano Paralimpico ed i Gruppi sportivi militari.
E' un mondo molto appassionante che richiede un grosso credo per trasmettere a questi ragazzi un punto di aggregazione”.
A concludere i lavori sono stati il coordinatore nazionale canottaggio Uisp Giuseppe Cocco e l'attivista di Special Olympics Liguria Elisabetta Podestà.
Podestà ha spiegato che “Special Olympics vuole utilizzare lo sport come mezzo di propaganda per eventi sportivi riservati a persone diversamente abili. Al mondo sono oltre 4milioni gli atleti presenti, in Italia circa 13mila con 215 team. Purtroppo gli atleti con disabilità intellettiva sono messi più al margine rispetto ai disabili fisici, ma i ragazzi con ritardo intellettivo non vanno tenuti chiusa in casa: lo sport è importantissimo. Tra le varie attività vengono organizzati convention regionali, giochi nazionali, meeting mondiali. Diversi i livelli di abilità. Fondamentale socializzare con il gruppo dei pari”.
Cocco infine ha evidenziato come “tutti i nostri tesserati sono tesserati Fic. Le gare promozionali prevedono le stesse imbarcazioni delle gare dei non disabili. Gli equipaggi sono composti mediamente per il 50% da atleti speciali e 50% atleti partner. Tra i requisiti richiesti saper nuotare, ed essere affiliati a Fic e a Special Olympics. Siamo oltre 10 società a livello nazionale. Tutti gli atleti al termine delle gare sono medagliati”.
Organizzato dal Comitato Federazione Italiana Canottaggio Fvg presieduto da Massimiliano D'Ambrosi, con il contributo della Regione e il patrocinio di Comune, Provincia, Camera di Commercio e Scuola dello Sport-Coni, l'evento si è svolto nella Sala Olimpia dello stadio Nereo Rocco.
SALUTI
A fare i saluti di casa è stato FRANCESCO CIPOLLA, vicepresidente del Coni Fvg che ha elogiato l'iniziativa fortemente voluta dal presidente della Fic Fvg Massimiliano D'Ambrosi.
Poi è intervenuta LAURA FAMULARI - assessore comunale con delega a Politiche Sociali, Interventi e Servizi a favore delle Persone con Disabilità – la quale ha rimarcato come questo seminario rappresenti “una sfida importante per tutti, una sfida costruttiva per i singoli ma soprattutto per le società sportive. Questa offerta dalla Fic Fvg è una opportunità per le associazioni di cementare le basi per approcciarsi ad un livello più professionale verso la realtà sportiva dei disabili. L'auspicio è che in un futuro non lontano - ha concluso Famulari - vi sia uno sviluppo concreto per coinvolgere e migliorare l'approccio delle società verso il mondo dei diversamente abili”.
A chiusura degli interventi di saluto le parole di MARINELLA AMBROSIO - presidente del Comitato Italiano Paralimpico Fvg - che ha evidenziato l'importanza di “unire le forze per tutte le disabilità ed aprire le porte del mondo federale e scolastico. Importante è creare una rete sempre più solida per alimentare i sogni agonistici degli atleti paralimpici. Con questo seminario abbiamo aperto l'ennesima porta, convinti che non siamo di fronte ad un episodio, ma che invece, anche grazie ai progetti di inclusione da parte di regioni quali Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, la parità di diritti per tutti è un obbiettivo concretamente perseguibile”.
RELATORI
Il primo ospite ad intervenire è stato il dott. Damiano Mingozzi, psicologo e formatore del Comitato Italiano Paralimpico dell’Emilia Romagna, che parlando dell’approccio all’allenamento con gli atleti diversamente abili ha evidenziato come “l'attività motoria non è diversa dall'attività psicomotoria in quanto vengono coinvolti tutti gli aspetti della persona: dalle abilità alle funzionalità, passando per le cognizioni psicologiche. L'approccio verso un atleta disabile è diverso rispetto a quello di uno normodotato? L'atleta ha potenzialità da sviluppare e capacità sui cui lavorare e un margine di sviluppo da mettere poi in pratica nella vita di ogni giorno. Fondamentale è che il programma di allenamento tenga conto non solo degli aspetti tecnici ma anche di quelli relazionali. E' evidente che la genetica ci fornisce un hardware di base, ma poi con lo sviluppo degli aspetti cognitivi, sensoriali ed emotivi si può cercare di installare una sorta di software. Per installare tale software è basilare coinvolgere l'atleta fornendo gli strumenti per combattere le proprie paure ricordando sempre che il tecnico è un educatore sportivo, e l'attività deve essere una sfida ottimale: deve passare il concetto che il bambino può affrontare la difficoltà con un miglioramento graduale, in primis di se stesso”.
Successivamente ha preso la parola il prof. Alessandro Diviacco, libero professionista, esperto di sicurezza sul lavoro, consulente didattico e formatore, che parlando dell’eliminazione delle barriere architettoniche in una società sportiva ha evidenziato come “la Legge 13 del 1989 stabilisce i termini per poter garantire l'accessibilità ai diversamente abili. Un successivo Decreto ministeriale, il 236 sempre del 1989, disciplina le dimensioni degli ambienti delle strutture e infrastrutture da progettare o modificare per rendere compatibile l'ambiente ai disabili. Prima di progettare bisogna tenere conto di accessibilità a chi vi lavora, visitabilità per gli ospiti e adattabilità. Ad esempio la legge prevede che per i bagni disabili la rampa prevede una pendenza dell'8% prevede la legge ma può essere troppo ripida. Importante rimarcare che non esiste uno standard di disabilità: ogni utente avrà necessariamente esigenze diverse e da customizzare rispetto agli altri. Le scale per disabili devono essere munite di batterie che devono funzionare anche se esiste un black-out. Ma ancora più importante è garantire la manutenzione. I disabili utilizzano un mezzo a ruote si muovono meglio su una pavimentazione liscia, compatta, priva di fessure profonde o troppo larghe. Meglio non costruire rampe troppo lunghe, in quanto diventerebbero esse stesse una barriera”.
La professoressa Teresa Grilli, esperta classificatrice del Comitato Italiano Paralimpico dell’Emilia Romagna, docente di Scienza e tecnica dello Sport per disabili all’Università di Bologna, ha concluso la prima parte dei lavori con "La classificazione funzionale delle disabilità". Per Grilli “la classificazione serve per raggruppare gli atleti in una categoria simile affinché competano tra di loro in maniera equa. Ad esempio raggruppare persone con amputazione e con persone con nanismo. Patologia sensoriale, relazionale o fisico. Deficit visivo, mentale, motorio. Il dolore non viene considerato nella classificazione. Gli atleti vengono valutati in base a tre parametri attraverso un punteggio numerico corrispondente alle funzioni che l'atleta disabile può ancora esprimere: rom (range of movement, capacità di movimento delle articolazioni), coordinazione e forza. Importante è non confondere il deficit con scarso allenamento o carenze tecniche. Per il pararowing non c'è ancora il test funzionale, esistente invece per la canoa. La classificazione è suddivisa in Lta (legs trounk arms), Ta (trounk arms)”.
Dopo la pausa pranzo ha preso la parola Luca Lunghi, atleta ai Mondiali ParaRowing di Chungju in Corea del Sud, collaboratore della Nazionale Italiana ParaRowing, che ha parlato della propria esperienza con la Nazionale Italiana ParaRowing. “Pochi sanno che nel 2012 alle Olimpiadi di Londra si sono registrati più ascolti per le Paralimpiadi rispetto alle Olimpiadi a riprova del fatto dell'importanza che questo movimento sportivo. Chi nasce con data disabilità sviluppa competenze che possono maggiori rispetto ai normodotati. L'anno scorso ho dato vita ad un sito internet creando un forum di discussione e integrazione basato sul progetto Rio 2016. Nel forum si parla di esperienze di vita, eventi legati al nostro mondo e discussioni della squadra di pararowing”.
Il prof. Dario Naccari, allenatore Fic di 4° livello, responsabile del settore ParaRowing nella Federazione Italiana Canottaggio ha spiegato che “in Italia esistono migliaia di ragazzi amputati o che rimarranno a letto per tutta la vita in seguito ad incidenti. Fermo restando che vi è una grande integrazione con normodotati nella vita comune, lo sport può contribuire tanto da fornire un contributo a vari livelli. A livello fisico oltre che psicologico, a prescindere dalla partecipazione nel mondo agonistico. E' da evidenziare comunque che è indispensabile avere dei prerequisiti per fare un dato sport. Nella sua evoluzione lo sport è stato visto come un miglioramento di se stessi. Per i disabili lo sport è lo spostamento e il miglioramento dei propri limiti. Nello specifico il canottaggio sviluppa il senso dell'equilibrio attraverso l'assetto idrodinamico dell'imbarcazione.
Lo sport riservato ai disabili è in crescita soprattutto in paesi quali Usa e Nuova Zelanda.
La Fic, assieme all'Inail, sta sviluppando dei centri di alta performance in tutta Italia. Vi è poi in essere una collaborazione tra il Comitato Italiano Paralimpico ed i Gruppi sportivi militari.
E' un mondo molto appassionante che richiede un grosso credo per trasmettere a questi ragazzi un punto di aggregazione”.
A concludere i lavori sono stati il coordinatore nazionale canottaggio Uisp Giuseppe Cocco e l'attivista di Special Olympics Liguria Elisabetta Podestà.
Podestà ha spiegato che “Special Olympics vuole utilizzare lo sport come mezzo di propaganda per eventi sportivi riservati a persone diversamente abili. Al mondo sono oltre 4milioni gli atleti presenti, in Italia circa 13mila con 215 team. Purtroppo gli atleti con disabilità intellettiva sono messi più al margine rispetto ai disabili fisici, ma i ragazzi con ritardo intellettivo non vanno tenuti chiusa in casa: lo sport è importantissimo. Tra le varie attività vengono organizzati convention regionali, giochi nazionali, meeting mondiali. Diversi i livelli di abilità. Fondamentale socializzare con il gruppo dei pari”.
Cocco infine ha evidenziato come “tutti i nostri tesserati sono tesserati Fic. Le gare promozionali prevedono le stesse imbarcazioni delle gare dei non disabili. Gli equipaggi sono composti mediamente per il 50% da atleti speciali e 50% atleti partner. Tra i requisiti richiesti saper nuotare, ed essere affiliati a Fic e a Special Olympics. Siamo oltre 10 società a livello nazionale. Tutti gli atleti al termine delle gare sono medagliati”.